Gli elefanti e il virus…

La Namibia ad oggi ha circa 12mila casi di pazienti positivi al COVID-19 ed è un numero in ascesa. Questo paese dell’Africa Sud-Occidentale confina con il Sud Africa che è la nazione africana dove il Coronavirus si è maggiormente diffuso, circa 700mila casi positivi. Lo scorso mese il ministro della Sanità della Namibia ha messo in guardia la popolazione dall’uso dello sterco degli elefanti come cura del COVID. La “cacca” di questi animali straordinari è stata usata da sempre nella medicina tradizionale soprattutto come vapore ed inalata per curare influenza, epistassi, mal di testa e mal di denti. Un elefante ne produce fino a 100 kg al giorno, una buona quantità fatta di semi, frutti e fibre non digeriti, ed in questo modo questi animali straordinari “trasportano le foreste”. E se ne fa anche uno svariato utilizzo, dalla produzione dalla carta ecofriendly al repellente per insetti o al biogas. Ma negli ultimi mesi con la diffusione del Coronavirus la sua richiesta è molto aumentata, facendo salire i prezzi alle stelle. Da cui la presa di posizione del governo che ne ha proibito la raccolta all’interno dei parchi nazionali mentre fuori dai confini delle riserve è permessa anche se ne è sconsigliato l’uso in chiave anti-COVID.

Di fronte ad una nuova malattia l’uomo da sempre ha cercato possibili rimedi veloci ed immediati. Il lavoro della scienza comporta un metodo razionale, lungo e difficile e l’evidenza deve essere sempre dimostrabile. In alcuni casi la medicina tradizionale ha un suo valore ed una sua efficacia, soprattutto quando nasce dall’accurata osservazione della natura e di meccanismi empirici di causa effetto. Tutt’altra cosa sono i rimedi di pura invenzione che spesso nascono dalla comprensibile disperazione di fronte a fenomeni nuovi e non controllabili, epidemie e malattie incurabili.

In questi giorni qui sull’Equatore guardiamo con estrema preoccupazione alla recrudescenza della pandemia nel Nord del mondo. Amici e colleghi ci chiedono spesso: “ma da voi come va? Quanti positivi, quanti malati gravi in terapia intensiva?”. Qui in Kenya sono pochissimi i tamponi effettuati, poche migliaia al giorno. Da cui pochi positivi in termini numerici, ma tanti in percentuale, circa il 10% dei test fatti. Relativamente pochi pazienti in terapia intensiva, ma i reparti di rianimazione in tutto il paese si possono contare sulle dita di una mano. Nonostante i dati incerti, l’impatto clinico e la mortalità sembrano effettivamente minori rispetto agli altri continenti. Anche il riscontro quotidiano nel nostro ospedale e nei centri periferici conferma un basso numero di pazienti molto gravi. Alla luce delle conoscenze attuali sicuramente limitate soprattutto su genetica e recettori e sull’ eventuale ruolo protettivo di vaccinazioni pregresse, la situazione clinica in Africa sembra meno seria, almeno fino ad ora, a fronte invece delle drammatiche conseguenze socio-economiche. Possiamo considerare alcuni fattori. Indubbio il ruolo della giovane età della popolazione, in Kenya più del 50% degli abitanti ha meno di 15 anni. Il numero delle case di riposo è molto ridotto, con gli anziani che vivono nei villaggi di origine e non restano in città. Qui è in arrivo la stagione calda che durerà fino a marzo e la vita si svolge spesso all’aperto. A queste latitudini viviamo continuamente epidemie. Coscienti della carenza delle strutture ospedaliere, ma anche riconoscendo l’importanza essenziale dell’Educazione Sanitaria e della prevenzione, la Primary Health funziona abbastanza bene. Invece in determinate regioni italiane si è investito maggiormente nella Sanità privata ed in cliniche di alta specializzazione, tagliando i fondi alla Medicina territoriale e preventiva ed ai piccoli ospedali dei centri di provincia, utilissimi avamposti per la salute dei cittadini.

Dovremmo prendere l’occasione, se pur drammatica, della pandemia per ripensare al nostro essere al mondo, alle nostre priorità.

Impariamo dagli elefanti, animali sociali ed intelligentissimi, pensatori lenti ma efficaci, seminatori di foreste, che lottano per sopravvivere alla distruzione della natura, all’ingordigia, stupidità e scarsa lungimiranza degli uomini.

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