Nessuno tocchi Ippocrate
Nairobi, ottobre 2021
A metà degli anni ‘80, il team di vaccinazione dal nostro ospedale cominciava a spingersi nella regione Samburu nel nord del Kenya. L’autista guidava un vecchio Land Rover, riadattato a mobile clinic e trasportava due infermiere per vaccinare e un laboratorista per fare i test per la malaria. Erano le prime campagne anti-polio e anti-morbillo. Il team raggiungeva i posti più remoti, ma in molti luoghi i capi villaggio si rifiutavano di accoglierlo e aizzavano la gente a tirare pietre contro il mobile clinic e le infermiere. Le ragioni erano varie: i vaccini non facevano crescere i denti ai bambini, i vaccini causavano infertilità! Considerando il tasso di crescita demografico spropositato degli ultimi quaranta anni in Africa, il presunto effetto collaterale dell’infertilità non ha molto funzionato. L’incredibile è che questa credenza degli sciamani sia ancora presente ancora oggi tra i no-vax d’Occidente. Con manifestazioni violente sia verbali, che fisiche molto più gravi. Con minacce più sofisticate sui social media.
È stato appena pubblicato un importante report del Comitato internazionale della croce rossa (ICRC) sulla violenza contro gli operatori sanitari nel mondo. La situazione in zone di guerra resta drammatica. Solo lo scorso anno, in Siria sono stati uccisi 36 operatori sanitari e umanitari. In altre regioni di conflitti come Yemen e Afghanistan, bombardamenti di ospedali con vittime tra pazienti, medici e infermieri sono diventati “effetti collaterali”. La Safeguarding Health in Conflict Coalition, un gruppo di Ong che lavorano nella protezione dei sanitari nelle zone di guerra, afferma nel suo report che nel 2019 sono stati uccisi 151 operatori della salute. Nella Repubblica Democratica del Congo, molti sanitari impegnati nell’affrontare l’epidemia di ebola hanno subito violenze e operatori umanitari sono rimasti uccisi. In Pakistan, durante la campagna anti-polio del 2019, migliaia di famiglie hanno rifiutato la vaccinazione, sostenendo la credenza che il vaccino causasse “isteria” nei bambini. Un’infermiera è stata uccisa.
Importanti riviste scientifiche come The Lancet e American Journal Managed Care riportano i dati di una vera e propria “pandemia persistente” di violenze verbali e fisiche contro gli operatori sanitari non solo in zone di guerra, ma anche in gran parte dei paesi ad alto reddito, industrializzati e in teoria “pacifici”. Il tutto esacerbato dalla pandemia di SARS-Cov-2. Il report dell’ICRC parla di 611 incidenti violenti tra il 1 febbraio e il 31 luglio 2020. Alcuni attacchi sono stati contro strutture sanitarie, ma il 67% sono stati diretti contro infermieri e medici con assalti fisici, verbali e minacce. Si ritiene che sia solo la punta di un iceberg. Soprattutto il report non riguarda la “galassia” social media dove violenze verbali con insulti, molestie e fake news sono incalcolabili.
Le situazioni di violenza inasprite dalla pandemia vanno dalla stigmatizzazione e ostracismo come diffusori e untori del virus, alle minacce contro le restrizioni delle visite ai parenti e alle continue molestie su Facebook. Un problema che si aggrava ogni giorno di più sono le violenze dei gruppi no-vax, a volte con il supporto delle organizzazioni di estrema destra. Uno studio della Medical School del Michigan sottolinea che non solo la violenza fisica, ma anche abusi verbali e psicologici danneggiano l’operatore sanitario con un aumento durante la pandemia di depressione, burnout, dimissioni dalla professione, tasso di suicidi.
Le associazioni di categoria di medici e infermieri in molti paesi chiedono con forza di provvedere un ambiente di lavoro più sicuro, offrire supporto alla salute mentale, lottare contro la disinformazione.
Il primo passo è fare in modo che i sanitari denuncino le violenze. Il 60% degli episodi di abuso non viene riportato. Bisogna studiare politiche di prevenzione degli incidenti. Un medico d’emergenza di San Francisco dirige un corso di difesa personale per medici e infermieri. In altri centri sanitari sono state adottate soluzioni più tecnologiche con panic button negli ambulatori o adattati agli smartphone dei sanitari, metal detector all’entrata dei reparti e sono stati sviluppati protocolli di salvaguardia dello staff medico. La situazione è seria e comprendiamo l’importanza di tutte queste iniziative.
Noi crediamo anche che empatia e professionalità possano ancora sconfiggere ignoranza e violenza. E soprattutto l’evidenza dei risultati. Nella regione Samburu tanti anni fa furono i capivillaggio più onesti e coraggiosi che mostrarono agli altri come i propri bambini dopo il vaccino non si ammalavano più di morbillo e poliomielite. E convinsero villaggi interi a vaccinarsi.