Figli senza libri
Settembre 2020.
Banchi con le rotelle, banchi rotondi, banchi quadrati singoli o doppi, con il plexiglass o senza. Lezioni online o in presenza, mascherine semplici o super-protettive.
Susan che vive in Maasailand a 3 ore di pista da Nairobi, non sa di tutto questo. Le hanno chiuso la scuola a marzo. Da allora ha la sua pietra sotto una grande acacia gialla nel mezzo della savana a 5 chilometri dal villaggio. È una zona dove l’erba e gli arbusti non mancano, ottima per pascolare le capre. Il pietrone dove si siede è piatto e confortevole, all’ombra, un pietrone doppio, così ci sta anche la sorella più piccola che l’aiuta a guardare le capre. Negli ultimi due giorni prima della chiusura ha cercato di copiare sul suo quaderno più parti possibile del libro di Inglese della maestra, unico libro per tutta la classe. In aula erano 90 bambini. 20 banchi di legno a tre posti. 20 per 3 fa 60: 60 studenti seduti al banco, gli altri 30 per terra. Sulla terra rossa della Maasailand, perché nella gran parte delle aule non c’è il pavimento. Senza banco perché orfani. Nelle scuole più povere delle periferie e dei villaggi sono i genitori che devono comprare i banchi, in genere a tre posti, e dividono le spese. Chi non ha genitori resta senza banco. Susan ormai sa tutte le pagine del quaderno a memoria. Ha anche letto e riletto tutti i racconti brevi che era riuscita a copiare e ne approfitta per insegnare parole in inglese alla sorella. Manca il pasto che era assicurato dalla scuola, ma Susan si ritiene più fortunata di altri suoi compagni. Può mungere e bere il latte delle capre e di solito ha anche fagioli e riso preparati a casa. Insieme alla sorella raduna gli animali un’ora prima del tramonto per arrivare al villaggio in tempo prima del buio.
Varie fonti di organizzazioni internazionali riportano che gli studenti già solo durante i periodi estivi di chiusura delle scuole possono perdere fino al 50% delle loro capacità sia di lettura che matematiche acquisite nell’anno accademico precedente. In questi mesi di pandemia e di lockdown non ha fatto che accentuarsi l’estrema disparità tra gli studenti di famiglie ad alto reddito, che hanno accesso a scuole private estremamente costose che garantiscono un buon programma online, e gli studenti di famiglie povere che frequentavano scuole pubbliche senza alcun sistema alternativo di insegnamento. A soffrirne e a pagarne ancora di più le conseguenze future sono gli studenti più deboli e con disabilità: ragazzi sordi, ipovedenti, con problemi mentali e deficit di apprendimento. La chiusura delle scuole ha inciso non solo sulle conoscenze accademiche, ma anche sullo sviluppo delle capacità sociali e relazionali. Come pure sulle attività fisiche e sportive organizzate nel doposcuola, che hanno avuto sempre anche la funzione di tenere i ragazzi lontani dalla strada.
È stato difficile riuscire a continuare il nostro programma nutrizionale per gli alti costi dovuti all’incremento enorme dei bisogni delle famiglie con i tanti figli a casa da scuola. Sono venuti a mancare per mesi i nostri servizi di medicina scolastica e di educazione sanitaria, essenziali per la salute degli studenti e delle loro famiglie. La medicina sul territorio con i suoi servizi di prevenzione, di salute pubblica ed ambientale è stata purtroppo spesso messa da parte in questi ultimi decenni anche in Italia, soprattutto nelle regioni dove ha preso il sopravvento la medicina privata nei suoi aspetti di cure costose e sofisticate. Proprio in queste zone la pandemia ha colpito più duramente. Occorrerebbe un’analisi onesta ed un serio ripensamento delle politiche sanitarie prima di intraprendere qualsiasi futuro investimento nella Salute, e riscoprire il valore della scuola come comunità, come centro diffusore di educazione socio-sanitaria, di una cultura scientifica, come luogo dei libri e della conoscenza. Basterebbe tutto questo per arginare la deriva dei social network e delle nuove superstizioni? Non lo so, ma sicuramente aiuterebbe le nuove generazioni a riappropriarsi di un vero sapere dalla parte dell’umanità.