Nairobi, 11 maggio 2020

La zona grigia

Stay home! “Resta a casa!” Slogan del governo in questi tempi di Virus incombente.

“Stay home, where?” “Io resto a casa, dove?” È la domanda gridata della madre del nostro paziente J.M., disabile con paralisi cerebrale, nato in baracca dieci anni fa. Lei single aveva avuto un microcredito dal nostro programma per incentivare una piccola attività economica, un chiosco di frutta e verdura, nello slum di Korogocho. Ora è tutto raso al suolo, abbattuto insieme alla sua casa baracca. Da giovedì le ruspe della Nairobi City Water company (Azienda municipale dell’acqua di Nairobi) sono entrate in azione a Korogocho scortate da ingenti forze di polizia armate fino a denti e con blindati e idranti. Hanno buttato giù baracche e chioschi del mercatino. Reclamando la proprietà della terra. Terra mai assegnata ed occupata ormai da decine di anni da migliaia di persone delle periferie estreme di Nairobi. Insediamenti informali di baracche senza titolo di proprietà, ma dove la gente paga l’affitto a racket locali di politici. E dobbiamo registrare il silenzio assordante delle gerarchie ecclesiastiche, molto più preoccupate della chiusura dei luoghi di culto che della solidarietà. Leader delle varie religioni che non prendono nessuna posizione in difesa dei poveri e degli emarginati. Stesso silenzio da parte delle grandi istituzioni internazionali. Rimangono solo i missionari insieme alle organizzazioni non governative a lavorare ogni giorno per i più vulnerabili.

Questa demolizione a tappeto diventa tragicamente paradossale in questo momento di emergenza dovuto all’evolversi della pandemia da Covid. Un atto di violenza istituzionalizzata. I soverchiatori che compiono torti e prepotenze non sono solo colpevoli del male che commettono ma anche del male che fanno compiere alle proprie vittime: lo ricorda Manzoni nel secondo capitolo dei “Promessi Sposi”. E questo concetto non è così lontano dal significato di “zona grigia”, espresso da Primo Levi nel suo libro più sofferto, “I sommersi ed i salvati”. Levi però prende in considerazione anche le responsabilità individuali di coloro che diventano funzionali al potere, se pur sotto costrizione, minacce o per pura sopravvivenza, e si fanno a loro volta colpevoli di angherie e crimini contro i più deboli di loro in una disperante lotta tra poveri. Poliziotti spesso figli di povera gente, che arrivano ad avere un lavoro privilegiato di controllo sugli altri ed alla fine condividono la malvagità e la violenza dei potenti. E l’eterno dilemma dell’obbedienza agli ordini superiori, argomento difensivo usato da sempre da chi ha commesso crimini contro l’umanità. Collaterale a questa zona grigia è poi l’insieme di quelli che, durante le calamità del mondo, che siano epidemie o sconvolgimenti naturali, carestie o guerre, riescono ad ottenere privilegi economici e sociali a danno delle vittime degli eventi. Approfittatori che aumentano prezzi di beni di prima necessità, delatori che denunciano i vicini di casa, usurai sulla pelle di chi perde tutto, speculatori dell’alta finanza, arrampicatori che ottengono posizioni sociali insperate vendendosi al potente di turno. La zona grigia, un aspetto storico del genere umano comune a tutti i regimi autoritari ma anche a società democratiche in decadenza dove è diminuito il senso civico e le disuguaglianze sono aumentate sempre più.

Come operatori sanitari spesso siamo sopraffatti dal lavoro clinico quotidiano che ci dimentichiamo dei due determinanti sociali della salute forse più importanti, la povertà e la giustizia sociale. Qui nelle grandi megalopoli dell’Africa dell’Est non è che il Covid abbia sconfitto altri virus, batteri o protozoi! La distruzione delle abitazioni, la mancanza di acqua, la carenza di cibo, con migliaia di persone sulle strade degli slum in piena stagione delle piogge non farà che aumentare i rischi di colera, tifo, malaria e polmoniti batteriche. Senza dimenticare HIV/AIDS e Tubercolosi sempre endemici. E allora interesserà solo agli statistici di cosa morirà la gente, se di Covid, di fame, o di altre malattie.

La madre di J.M. caricandosi il figlio in spalla è fuggita da Nairobi ieri mattina presto, attraverso sentieri alternativi nella campagna, per evitare il lockdown dei posti di blocco dei militari sulle strade principali che partono da Nairobi. La speranza è di riuscire a tornare al suo villaggio di origine e che venga riaccolta, dopo tanti anni.

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