Nairobi, 12 luglio
Oltre la maschera
B.L. è stata accompagnata nel nostro ospedale dalla sua maestra. Ha 12 anni e sanguina da alcuni giorni. Gli occhi bassi oltre la mascherina. Prima delle protezioni per il COVID-19 era più facile fare diagnosi immediata. I volti esprimono i problemi, i sintomi, il dolore. Nei pazienti anemici, mentre parlano, già si intravedono la lingua e la mucosa della bocca quasi bianche. Oggi a B.L. ho osservato le unghie, pallide pallide, evitando di guardarle le congiuntive, lasciandola con i suoi occhi bassi. È scappata la scorsa notte dal suo villaggio, camminando per ore e rifugiandosi in casa della maestra. Almeno per ora ha evitato il matrimonio precoce a cui era destinata dopo la FGM di alcuni giorni prima a cui invece non era riuscita a sottrarsi. La Female Genital Mutilation (FGM), la mutilazione genitale femminile, è stata bandita ufficialmente dal governo kenyota solo nel 2011 su spinta delle organizzazioni per i diritti umani ed anche delle Nazioni Unite, i cui dati riportavano che una donna su 5 tra i 15 ed i 49 anni in Kenya aveva subito questa pratica. Ma molte comunità hanno continuato, perché è una pratica vista come necessaria per inclusione sociale e prospettive di matrimonio. Mentre la ragione primitiva si perde nella notte dei tempi, travestita da rito di passaggio fa parte dei metodi di oppressione e sottomissione della donna.
La pandemia di Coronavirus ha messo a rischio il proposito del governo di porre una fine definitiva in tutto il Kenya alla pratica della FGM entro il 2022. Ora con la chiusura delle boarding school, le scuole residenziali, dove le studentesse hanno comunque una certa protezione, le ragazze si ritrovano a casa da mesi. I genitori senza lavoro, a causa delle conseguenze del COVID-19 sull’economia ed il futuro incerto hanno l’unica speranza che le figlie trovino un marito il prima possibile con un matrimonio precoce. Con il lockdown il governo ha fatto chiudere anche i rescue centres di organizzazioni della società civile, cioè centri di primo soccorso dove le ragazze e le donne potevano trovare rifugio e protezione dalle violenze domestiche sempre più in aumento. Un’attivista nella campagna anti FGM parla di oltre 500 ragazze vittime di mutilazione genitale dall’inizio del lockdown solo nel West Pokot, nell’ovest del Kenya, ma denunce continuano ad esserci anche nelle regioni Samburu, Maasai, Baringo. I progressi fatti in questi anni di riduzione nella pratica, attraverso riti alternativi di passaggio, comunitari e non-violenti, sono stati gravemente compromessi in questi mesi di pandemia.
Il vero impatto si potrà capire meglio quando avverrà il ritorno a scuola, con un probabile crollo nella frequenza scolastica delle ragazze. Non solo perché vittime della FGM e poi avviate a matrimonio precoce, ma anche perché altre fonti della società civile riportano un aumento fortissimo di gravidanze tra le teenager, frutto di abusi e di stupri nei lunghi mesi di chiusura dall’inizio del COVID-19. Solo nella regione del Machakos, a sud est di Nairobi, si parla di 4000 ragazze in età scolare rimaste incinte. Inoltre negli slum, sotto lockdown e con disoccupazione altissima, la ricerca del cibo quotidiano è un’ossessione. E le ragazze a casa da scuola sono facili vittime di una prostituzione di sopravvivenza per guadagnare il cibo per sé e la famiglia. Autorità governative e scolastiche dovranno impegnarsi nel monitorare il ritorno a scuola degli studenti, per troppo tempo lontani dall’insegnamento, essendo la gran parte di essi fuori da ogni copertura di internet e possibilità di online education. Ma soprattutto il controllo dovrà essere molto stretto sul ritorno delle studentesse.
La carenza di una seria politica di salute pubblica e riproduttiva e di difesa dei diritti delle donne è ancora troppo presente in gran parte dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente e gli effetti socioeconomici della pandemia contribuiranno ad un grave ritardo nel raggiungimento dell’uguaglianza di genere, uno degli SDGs, Sustainable Development Goals, gli Obiettivi per uno Sviluppo Sostenible entro il 2030.