Nairobi, 11 aprile 2020

La forza di Ippocrate

Sabato, l’attesa.

Prima della luce dell’alba sono già tutti in cammino. Il coprifuoco, imposto dal governo ormai da vari giorni, inizia alle 19 e finisce alle 5. Ed il sole all’Equatore sorge sempre uguale, alle 6. Resistere fino al primo mattino per non subire la notte di bande criminali e di angherie di polizia e militari. Qui non si vive l’esilio solitario degli uomini d’Occidente ma una moltitudine in cammino ai bordi delle strade semideserte cerca il lavoro per garantire un pasto quotidiano. Evitando il più possibile i trasporti pubblici dove la gente è accatastata nei pulmini. Non si ha il privilegio di possedere un’auto privata e più sicura. La situazione delle baraccopoli potrebbe essere già di contagio diffuso, ma resta ancora difficile identificare i pazienti. Sia per la presenza costante di malattie respiratorie e di sintomi come la febbre, sia perchè si sta già propagando la stigmatizzazione da Covid e la paura a recarsi agli ospedali ed essere rinchiusi nei centri di isolamento. Inoltre i centri governativi che fanno i test sono veramente pochi. Ed oggi il ministero della Sanità riporta un totale di 189 positivi da inizio pandemia. Ma non sappiamo quanti pazienti sono chiusi nei centri di isolamento in attesa del test. Ogni giorno aumentano le persone che portano una mascherina. Molti se le sono fatte con tessuti colorati. Protezione forse zero, ma una mascherina chirurgica, che andrebbe cambiata tutti i giorni, venduta da sciacalli che sempre emergono nei tempi difficili, ha il costo del cibo per quattro giorni. Non c’è scelta. È la Via Dolorosa di questi giorni di malattia.

Sono arrivato presto in ospedale. Stiamo preparando un reparto per i pazienti del Covid. Ma non abbiamo quasi niente. Alcuni letti. Qualche bombola di ossigeno. Poche mascherine FFP2. Ed il personale specializzato è pochissimo. Ma siamo in attesa con la speranza che le nostre richieste di attrezzature vengano esaudite. I giorni sono fluidi, incerti di dati inattendibili forniti dalle autorità. Siamo confortati dalla vicinanza degli amici medici di World Friends dall’Italia, che ci comunicano la loro esperienza sul campo, ci danno consigli, ci guidano.

Come medici siamo abituati a misurare con attenzione i passi su un crinale di un monte, limite tra la vita e la morte. A lottare contro il dolore biologico di Cristi senza respiro, donne e uomini che riempiono i letti degli ospedali. Medici che però non perdono di vista il dolore inflitto dalle ingiustizie.

Le paure e le barriere costruite contro il dolore di Cristi violentati in fuga dalle guerre e dalla povertà sono diventate “muri farsa” contro il virus, che non ha rispetto dei confini politici, che supera i limiti di montagne e di mari.

La parte migliore di noi è la percentuale di umanità che ci portiamo nel profondo e non chiede altro di rinascere. La parte di umanità che dopo questo tempo di separazione e di attesa lacerante sa che non solo i virus ma anche amore, solidarietà, compassione superano i confini imposti dagli uomini. E cammineremo di nuovo insieme per le vie, per ricominciare, per essere migliori. E ci ritroveremo nelle piazze, piene di abbracci.

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