Nairobi, 25 aprile 2020

Il mondo nuovo

Il mondo nuovo è il titolo del famoso libro di Aldous Huxley. Questo romanzo di fantascienza è ambientato nel 2540 della nostra era e descrive una nuova società basata sulla produzione in serie, applicata anche alla riproduzione umana. Gli esseri umani sono divisi in cinque caste. Gli Alfa sono al comando, i Beta sono gli amministrativi, i Gamma, Delta ed Epsilon svolgono compiti progressivamente sempre più umili. Sono stati distrutti i libri, la cultura, la storia. Nessuno sa niente del passato. Il processo educativo viene sostituito da un condizionamento psicofisico che inizia fin dallo stato embrionale. Come ulteriore controllo della popolazione viene fornita una droga che crea euforia.

Il libro fu pubblicato nel 1932. Nel 1920 era finita l’influenza spagnola con milioni di morti, durata tre anni. Gli strascichi della Grande Guerra, l’esacerbarsi dei nazionalismi, la crisi economica e le conseguenze della pandemia aprirono la strada ai grandi totalitarismi del ‘900, basati sulla subcultura della creazione e dell’odio del nemico.

Il mondo nuovo fu pubblicato un anno prima dell’ascesa al potere di Hitler. Altro che fantascienza, una capacità visionaria che ci porta fino ai giorni nostri. Dove i cattivi maestri del revisionismo, in cerca di autoassoluzione, vorrebbero cambiare la Storia e cancellare l’insegnamento che ci viene del Passato.

Ho trascorso la mia vita negli ospedali e visto tutti i giorni il dolore degli uomini che non mi è possibile in questi tempi di Coronavirus neanche lontanamente immaginare un castigo extraterreno. Mentre mi verrebbe da pensare che se proprio questo virus debba venire da un laboratorio, sia stato creato dai cattivi maestri per cancellare una generazione di vecchi saggi, di ultimi testimoni che hanno vissuto i tempi bui di guerre e dittature.

Ed il libro di Huxley è illuminante non solo sul ‘900 ma anche sulla situazione sociale di miliardi di persone oggi. Penso a Nairobi e alle altre mille megalopoli del mondo, dove la caste esistono, rigide, impossibile passare da una all’altra, da povertà inumane a ricchezze smisurate, dalla mera ricerca del cibo quotidiano all’arroganza del potere ereditario.

Come medici siamo destinati ad una lotta quotidiana e ripetitiva contro la malattia e la morte e ci rendiamo conto che siamo come Sisifo: ogni volta percorriamo il sentiero di una montagna con un enorme fardello sulle spalle, e tutti i giorni ricominciamo a salire. Ma sappiamo anche che un ruolo fondamentale per noi medici è quello di essere custodi dei diritti umani. Non possiamo limitarci alla cura della malattie senza capire i determinanti sociali della salute. Come ci si sente inutili a curare una polmonite, una malaria, una diarrea in un bambino, rendendosi conto ad esempio delle condizioni abitative ed economiche della sua famiglia. Lo curo oggi, ma non cambiando nulla della situazione sociale del paziente, quante altre volte se sopravviverà si ripresenterà con le stesse malattie? Se vogliamo incidere davvero sulla salute globale non possiamo prescindere dal lavorare non solo ad isolare un virus e trovare un vaccino ma contemporaneamente a dedicarci alla ricerca della giustizia per diminuire le diseguaglianze.

Oggi in cui celebriamo la liberazione dell’Italia dal Nazifascismo mentre viviamo un momento storico drammatico, abbiamo il dovere di comprendere che la nostra è un’opportunità epocale di cambiamento pensando ai due pilastri su cui rifondare un mondo nuovo davvero: la salvaguardia dell’ambiente ed i diritti umani primari di sanità pubblica, educazione pubblica, alimentazione, abitazione e lavoro. Aspetti tutti riconducibili alla salute globale ed ai suoi determinanti sociali.

Tra i sentimenti più positivi che emergono in questi giorni è il bisogno, anche degli uomini più soli, di far parte di una comunità, di tornare ad incontrarsi per sognare un mondo nuovo.

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