Nairobi, 29 marzo 2020.
Come su un molo dall’alto di un faro, siamo in attesa della tempesta. Senza mezzi per affrontarla, senza vie di fuga. Dall’altro ieri il governo ha imposto il coprifuoco. Dalla sera al primo mattino. Chiuso anche l’aeroporto per voli passeggeri. Qui in Africa Orientale si sono registrati i primi casi di Covid-19. In Tanzania, Etiopia, Uganda. In Kenya per ora ci sono solo due laboratori di ricerca che effettuano i test, uno a Nairobi ed uno a Kilifi sulla costa. Sono stati accertati ad oggi 38 pazienti positivi, uno deceduto, uno guarito. Un iceberg di una situazione ben più seria, in un sistema sanitario fragile ben lontano dall’ “Universal Health Coverage”, del diritto alla salute per tutti. In tutto il Kenya ci sono 150 posti di terapia intensiva per 45 milioni di abitanti. E pochissimi medici ed infermieri anestesisti/intensivisti. Ma un problema ancora più grande della carenza di servizi specialistici è che in una città come Nairobi, circondata completamente da baraccopoli, le norme di prevenzione non valgono per due milioni e mezzo di persone. Lavarsi le mani? Per almeno 20 secondi? Nessuna delle baracche accatastate l’una all’altra ha acqua corrente e servizi igienici. L’acqua si compra. E non si può sprecarla! Se si deve scegliere fra un pasto al giorno ed un sapone, non si acquista il sapone. Distanziamento sociale ed autoisolamento? La densità della popolazione in uno slum è di 100mila abitanti in un chilometro quadro. Quarantena? Dove? Chiusi in dieci in una baracca di tre metri per tre senza finestre con vista su vicoli senza fogne e latrine. Fare scorte alimentari ai supermercati? Sopravvivendo con un dollaro al giorno? Al massimo si comprano mais e fagioli per un pasto. Chiusura delle scuole? La maggioranza dei bambini va a scuola perché viene assicurato un pasto proprio per aumentare la frequenza scolastica. Ora che le hanno chiuse davvero si ritrovano addensati nelle strade, a cercare cibo per loro e le famiglie. E questa è la realtà dei poveri di tante megalopoli del mondo. Come si potranno preparare allo tsunami della pandemia in espansione?
In queste settimane abbiamo seguito con angoscia e dolore la drammatica situazione della nostra Italia. Comunichiamo ogni giorno con i nostri figli, i parenti, gli amici più cari. Parlo con i colleghi esausti dai turni ospedalieri al fianco dei malati. Pensiamo con forza all’importanza inestimabile della Sanità Pubblica, tagliata e maltrattata, ma ancora viva per merito eroico dei suoi operatori sanitari.
I nostri amici e colleghi kenyoti, ma anche i conoscenti, tutte le persone con cui in questi giorni abbiamo a che fare, hanno in mente l’Italia e ci chiedono sempre notizie. Anche l’idraulico ed il suo aiutante, che sono venuti due giorni fa perché c’era una riparazione da fare in casa, appena sono entrati, senza neanche, conoscerci, ci hanno detto che ci erano vicini, che pregavano per noi, per la nostra famiglia e per il nostro paese…
Dott. Gianfranco Morino, Responsabile World Friends Kenya