Tante persone non conoscono l’esistenza di questa grave complicanza a seguito di una gravidanza, né cosa comporta per una donna.

Per milioni di partorienti in Africa invece la fistola ostetrica è una possibilità concreta a seguito di un travaglio molto lungo e di un parto non assistito adeguatamente.

Se la donna sopravvive a un parto complicato, infatti, può sviluppare una necrosi dei tessuti molli, che vengono schiacciati tra le ossa del cranio del feto e del bacino della madre e che rimangono senza irrorazione sanguigna. Come conseguenza di questa necrosi si crea una lacerazione tra la vescica e la vagina, il retto e la vagina o l’uretra e la vagina. Questa lacerazione viene denominata fistola ostetrica.

Queste lesioni lasciano un segno indelebile: una grave incontinenza urinaria e/o fecale che spesso provoca a queste donne, gravi traumi anche a livello sociale. Sono derise, considerate infette e isolate dalle famiglie e dalle comunità.

 

In Europa e in America le fistole ostetriche sono state una realtà comune fino a tutta la seconda metà dell’Ottocento, ma grazie all’ampia copertura garantita dal sistema sanitario e all’assistenza ante e post natale, sono praticamente scomparse. Nei paesi in via di sviluppo invece si vedono ancora oggi. Secondo i dati raccolti dalla World Health Organization (WHO) oltre due milioni di donne sono affette dal problema delle fistole ostetriche. In generale, si stima che nel mondo si contino ogni anno circa 50.000-100.000 nuovi casi. Questi dati hanno spinto la comunità internazionale a introdurre come obiettivo dei “Millennium Development Goals” la fine delle fistole ostetriche attraverso prevenzione, riparazione chirurgica e reinserimento delle donne guarite nella vita sociale.

La Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Fistola Ostetrica vuole quindi essere un evento che stimoli una riflessione per aumentare la coscienza collettiva di questa realtà, che è del tutto prevenibile e in molti casi curabile.

Related Posts